Il processo

Data attività: 
Mercoledì 12 Dicembre 2018
Organizzatore: 
Daniele M.
Tipo: 
Cinema

Il processo

Un film di Orson Welles. Con Anthony Perkins, Elsa Martinelli, Jeanne Moreau, Orson Welles, Romy Schneider, Arnoldo Foà.
Titolo originale Le procès. Drammatico, b/n durata 120 min. - Francia, Italia 1962.

Josef K., un impiegato che conduce un'esistenza tranquilla e rispettabile, una mattina viene svegliato dalla polizia che gli annuncia di essere in arresto sebbene non in stato di detenzione. K. non comprende la ragione dell'arresto, proclama la sua innocenza e si professa vittima di una palese ingiustizia. Condotto davanti alla corte suprema, pronuncia un vibrante discorso accusando tutti i giudici di ordire un complotto contro le persone comuni, arrestate casualmente e senza nessuna prova.

Negli ambienti giudiziari, K. ha a che fare con personaggi oscuri, con donne usate come merce di scambio e con altri accusati, succubi, ma forse anche complici, di una giustizia del tutto incomprensibile. Spinto dallo zio, si affida a un avvocato (interpretato dallo stesso Welles), venerato dai clienti e rispettato dalla corte, che però sembra interessato a tutto fuorché alla sorte dei suoi clienti.

Nel suo girovagare nei meandri del tribunale in cerca di una via d'uscita dalla sua odissea giudiziaria, K. fa incontri bizzarri come il pittore della corte suprema (il cui atelier è una sorta di voliera nella quale vive tormentato dagli sguardi dei bambini), e a poco a poco viene scoraggiato dal proseguire la sua battaglia ed è costretto a rassegnarsi. Il destino di Josef K. è segnato: due funzionari lo prelevano, lo portano nella brughiera e lo giustiziano con della dinamite.

Il film visivamente è ricchissimo e tecnicamente si segnala per virtuosismi davvero inusitati per l'epoca. Il montaggio al principio è piuttosto lento per velocizzarsi man mano che la storia procede. Girato in uno scintillante bianco e nero dai contrasti molto forti e con il frequente uso del grandangolo (il 18.5 mm) per deformare le immagini e accentuare il senso di minaccia latente e la claustrofobia delle atmosfere, il film fa sfoggio di scenografie imponenti e allucinanti al tempo stesso (il palazzo di giustizia, l'ufficio di K., lo studio di Hastler, ecc.) che rendono in pieno il pesante senso di soffocamento presente nel romanzo originario.

La fotografia e le scenografie ci proiettano in un mondo allucinato, il bianco e nero taglia le figure in modo netto, esalta ogni contorno, conferisce agli ambienti un'aura spettrale, espressionista, metallica. Gli ambienti in cui si muove K. sembrano ripresi direttamente da Metropolis di Lang, una città fredda, di ferro e vetro, in questo caso disabitata. L'unica rappresentazione di folla mostrataci da Welles sono gli accusati in tribunale, persone in attesa da anni, come anime di un surreale purgatorio. Le altre persone o non hanno un volto, come i giudici della corte suprema, oppure sono persone sfigurate dalla bruttezza interiore.

Solamente le donne offrono a K. un aiuto, seppure talvolta inconsistente, ma anch'esse sono le vittime di un sistema che permette loro di esistere solamente a causa dei loro corpi.

Un elemento molto particolare di questo lungometraggio è la sequenza di apertura, giudicata da alcuni critici la parte migliore del film. L'intera sequenza è stata realizzata da Alexandre Alexeieff usando il suo celebre schermo di spilli: uno schermo in cui erano infissi perpendicolarmente migliaia di spilli retrattili, che proiettavano un'ombra a seconda del modo in cui venivano spostati; grazie quindi al gioco di chiaroscuri prodotto dalle ombre degli spilli, si potevano realizzare immagini in movimento.

Le reazioni al film furono contrastanti. Parte della critica rimproverò a Welles una certa "freddezza" nell'esposizione del racconto, l'incapacità di coinvolgere lo spettatore nella vicenda narrata. La critica più frequente che venne mossa al regista fu quella di non essersi attenuto rigorosamente all'opera di Kafka.
Non tutte le critiche furono negative però, alcuni critici lodarono la maestria di Welles nel rendere sullo schermo le atmosfere allucinate simili a un incubo del romanzo di Kafka, e l'immaginifico talento visivo del regista. Il critico Sandro Studer, sul n° 3 di Metropolis (maggio 1979) arrivò a definire il film "il vero capolavoro di Welles, degno di stare alla pari con Quarto Potere". Anche lo stesso Welles era soddisfatto dell'opera e così si espresse, durante un'intervista pubblicata ai Cahiers du cinéma, nei confronti di essa: «Dite quel che volete, ma Il processo è il miglior film che abbia fatto».

Titolo originale Le Procès
Paese di produzione Francia, Germania Ovest, Italia, Jugoslavia
Anno 1962
Durata 120 min
Dati tecnici B/N
Genere fantastico, drammatico
Regia Orson Welles
Soggetto Franz Kafka (omonimo romanzo)
Sceneggiatura Orson Welles
Produttore Paris Europa Production, Astor, FI.C.IT.
Distribuzione (Italia) Dino De Laurentiis
Fotografia Edmond Richard
Montaggio Yvonne Martin, Denise Baby, Fritz Mueller, Roberto Perpignani
Musiche Jean Ledrut
Scenografia Jean Mandaroux
Costumi Helen Thibault
Interpreti e personaggi

Anthony Perkins: Josef K.
Orson Welles: Hastler
Jeanne Moreau: la signorina Bürstner
Romy Schneider: Leni
Elsa Martinelli: Hilda
Suzanne Flon: la signora Grubach
Akim Tamiroff: Block
Arnoldo Foà: l'ispettore
Fernand Ledoux: il commesso del tribunale
Maurice Teynac: vicedirettore
Billy Kearns: primo ufficiale di polizia
Jess Hahn: secondo ufficiale di polizia
Michael Lonsdale: prete
William Chappell: Titorelli
Thomas Holtzmann: studente
Paola Mori: Archivista del tribunale
Katina Paxinou: scienziata

Doppiatori italiani

Massimo Turci: Josef K.
Emilio Cigoli: Hastler
Rosetta Calavetta: la signorina Bürstner
Fiorella Betti: Leni
Maria Pia Di Meo: Hilda
Lydia Simoneschi: la signora Grubach
Giorgio Capecchi: Block
Pino Locchi: prete
Nando Gazzolo: studente
Ferruccio Amendola: primo ufficiale di polizia
Glauco Onorato: secondo ufficiale di polizia
Sergio Graziani: vicedirettore
Gianfranco Bellini: Titorelli

Galleria fotografica

La locandina del film
Oson Welles con Antony Perkins
Franz Kafka

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